lunedì 22 dicembre 2014

Africa


L’aereo parte da Malpensa carico del nostro entusiasmo, del nostro “finalmente arriviamo”. Roma. Addis Abeba. Kigali. Bujumbura. L’Ethiopian Airline ci porta a destinazione nel nostro piccolo paese africano, il Burundi. Siamo gli unici bianchi, gli sguardi curiosi si posano insistenti su di noi. Non abbiamo mai capito così bene cosa significhi essere “diversi”. Il nostro caro fra Giuseppe è pronto ad accoglierci. Ci aspettano ancora cinque ore di jeep, durante le quali il paesaggio diventa sempre più rurale, le case capanne, la gente più povera. Cresce l’adrenalina insieme al senso di straniamento e di disagio. La sera dopo un lungo viaggio, sorridendo sotto le zanzariere, ci chiediamo cosa ci facciamo in questo mondo così lontano.

Il sorgere del sole cancella le ombre e ci mostra la realtà, i bambini ci accolgono al suono di “humuzungu” (uomo bianco) e “kabombo” (caramella). Dunque prima lezione: l’uomo bianco è uno strano essere dispensatore di caramelle. Il primo a correrci incontro zoppicante è Lambert…col suo fedele compagno sbavante, Cedric. Seconda regola: non sottovalutare quei due (la sposa che si è ritrovata chiusa in bagno ne sa qualcosa).


I bambini con cui stiamo hanno disabilità di diverso tipo, molte di carattere neurologico. Nelle loro famiglie molti di loro non sarebbero arrivati a quest’età. Giochiamo con loro, tentiamo maldestramente di farli camminare e di dargli da mangiare. Osserviamo fra Giuseppe in veste di fisioterapista che li cura e li difende con amore istancabile. È la nostra guida che ci conduce a scoprire le difficoltà dell’essere missionari oggi, le contraddizioni della Chiesa locale, la solitudine di chi non ha paura di andare avanti.
Anche noi che pensavamo di essere “aperti”, giorno dopo giorno, ci rendiamo conto che non siamo capaci di stare con gli ultimi, perché sporcarci (anche nel senso letterale del termine) ci intimorisce. Perché la nostra civiltà, che ci ha reso forti nel progresso, ci ha reso deboli nella paura dell’imperfezione, dello sporco, della disabilità, della vecchiaia, della malattia, della morte.


Col passare dei giorni il nostro distacco e le nostre paure svaniscono. Siamo noi ad essere guariti dalle nostre infermità, proprio come S. Francesco nell’incontro con il lebbroso, per la grazia di Dio.

Prima di rendercene conto e metabolizzare siamo già di ritorno, ai mille impegni quotidiani. Milano è illuminata dalla luci di Natale… la festa che ricorre per la nascita di un Signore che è frutto del parto di una sedicenne in mezzo allo sterco.
La tavola è imbadita, il panettone è pronto… ma Eliana (7 anni, 5 kg) avrà mangiato?